Gennaro Guadagnuolo, conosciuto nell’ambiente artistico anche come Gennymatt, nel corso degli anni è riuscito ad affermarsi come danzatore e performer, non sono in Italia ma anche all’estero. In continua evoluzione, propone e sperimenta sempre nuovi stili grazie agli insegnamenti di grandi maestri che ha avuto la fortuna di incontrare sul proprio cammino. Danzatore, ma anche coreografo e creatore di performance dal grande impatto visivo, continua ad esprimersi in diversi campi. In occasione di una sua esibizione live lo abbiamo incontrato.
Quando hai avuto la percezione che avresti dedicato la tua vita alla danza?
A 12 anni, quando ho capito che la danza era la mia vita! Adoravo ballare in camera mia imitando i passi di Michael Jackson. Da ragazzino, con i miei amici, amavo mixare i passi dell’hip hop con l’house. Fummo i primi ad avvertire quel tipo di contaminazione nella danza urbana.
Come hai iniziato il tuo percorso e quale è la tua formazione?
La formazione di un danzatore professionista, di solito, inizia molto presto, quando si è ancora piccoli, attraverso lo studio della classica, che resta la madre di tutte le altre discipline per poi proseguire con la moderna, la contemporanea, l’hip hop e tutti gli altri stili. Per me non è stato così. Ho cominciato tardi, quindi la mia formazione è un po’ anomala. Da piccolo giocavo a calcio perché mio padre Giuseppe era il capitano della squadra della Casertana negli anni 70 e lui mi aveva trasmesso la passione per il calcio. Ma a 14 anni sono stato folgorato da una lezione di aerobica tenuta da Roberto Cosentino in una famosa palestra del Vomero e ho capito che quella era la mia strada. Nel 1993 ho conseguito il diploma di insegnate di aerobica a Roma, poi ho iniziato a lavorare in discoteca con il mio freestyle hip hop. In seguito, ho partecipato al programma televisivo di Paolo Bonolis “Beato tra le donne” classificandomi al secondo posto, preceduto dall’allora sconosciuto Alessandro Preziosi. Successivamente, mi hanno proposto di far parte di un percorso di studi di danza. Ho studiato giorno e notte dividendomi tra mille audizioni, fin quando ho incontrato Luca Tommassini, danzatore di Madonna e Michael Jackson. Poi è arrivato il primo contratto per una trasmissione televisiva con Raffaella Carrà.
Hai avuto il privilegio di lavorare con grandi artisti italiani e stranieri. Quali sono le esperienze che ti hanno arricchito maggiormente?
Sono una persona che osserva molto i maestri a lavoro. Michael Rooney, il coreografo di Kylie Minogue, ripeteva sempre una frase: “un danzatore deve saper ballare sia da uomo che da donna”. Poi Kevin Stea, altro artista poliedrico e danzatore storico di Madonna, ci raccomandava sempre di danzare con una sorta di segreto negli occhi.
Teatro e televisione: quale è il mezzo che senti più congeniale a te?
Entrambi. Amo sia il teatro che la televisione. Ho avuto la fortuna di danzare in diversi programmi Rai. La diretta TV non mi spaventa, anzi la preferisco perché mi mette adrenalina. Una volta ero in tour con Paola&Chiara, dovevamo partire per il Canada per una diretta in mondovisione ed essendo l’ultimo danzatore arrivato non c’era tempo per provare. Imparai tutta la coreografia della canzone “Vamos a bailar” in aereo. Alle fine, fortunatamente, andò tutto bene.
Quali sono i tuoi punti di riferimento artistici?
La voce di Michael Jackson, le parole di Lavelle Smith, le persone di talento che non riescono ad emergere, coloro che vivono la danza ed il proprio lavoro come un credo, chi crea e rimane nella storia, chi soffre e non ha la possibilità di esprimersi: sono questi i miei punti di riferimento.
Quali sono i tuoi impegni attuali?
Ho partecipato come danzatore nel nuovo film di Alessandro Siani, in uscita a dicembre. Sono reduce dalla trilogia de “La divina commedia” di Dante Alighieri presso il teatro “La Fenice” di Venezia, dove ho danzato con la compagnia romana “No-Gravity” di Emiliano Pellisari. Ho realizzato le coreografie del programma “Molto Bene” di Benedetta Parodi in onda sul canale Real Time. Insegno danza hip hop e mi esibisco nei club.
Eduardo Paola
(Articolo pubblicato su “Sussurri & Grida” nel numero di Dicembre 2014)