Antonio Sciotti, la memoria di una grande cultura

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Antonio Sciotti è uno studioso della canzone e del teatro napoletano. Attraverso testimonianze e documenti rarissimi ricostruisce con le sue ricerche, le biografie e i percorsi artisti di personaggi che hanno fatto grande la cultura napoletana in Italia e nel mondo ma che sempre più spesso vengono accantonati o addirittura dimenticati.

Antonio Sciotti, studioso, autore, scrittore. Come ti definisci?

Mi piace definirmi saggista, ma amo soprattutto riportare alla memoria storica personaggi che hanno dato tanto al mondo musicale e teatrale e che oggi per delle strane alchimie vengono dimenticati. Amo fare queste operazioni di recupero della memoria.

Possiedi un patrimonio sterminato fatto di vecchi articoli di giornale, film, spartiti musicali, alcuni davvero molto antichi e rarissimi. Come hai fatto a recuperare tutto questo prezioso materiale?

Ogni reperto ha la sua storia . I 78 giri, ad esempio, ne hanno una particolare. Mio nonno era cuoco sulle navi reali, quindi era continuamente in viaggio tra Napoli e New York ed essendo un appassionato di musica napoletana quando si trovava in America, acquistava i 78 giri che venivano pubblicati per il mercato d’Oltreoceano. Quindi posseggo tantissimi 78 giri di questi cantati emigrati che fecero fortuna in America e che non tornarono più in Italia. Per il materiale cartaceo come libri, fascicoli dei festival di Piedigrotta ed articoli vari, devo ringraziare solo mio padre, Alberto Sciotti, che è stato un grande collezionista e appassionato di musica napoletana.

Una delle tue grandi passioni è Gilda Mignonette, alla quale hai dedicato anche una biografia. Qual era la forza del suo personaggio?

Ho scritto il libro sulla Mignonette perché ad un certo punto mi sono reso conto che un grandissimo personaggio come lei nessuno mai le aveva dedicato una biografia. Ma non solo. Anche in rete era praticamente impossibile reperire notizie su di lei e la sua carriera, per il semplice fatto che nessuno aveva mai pensato di recuperare il suo percorso artistico. Non una parola su una donna che ha avuto 25 anni di carriera in Italia e 25 anni di carriera in America. Mi sembrava una grande mancanza e decisi di colmare questo vuoto. In realtà, nessuno prima era riuscito a scrivere su di lei anche perché da sempre è stato difficile recuperare notizie, soprattutto per i primi 25 anni di carriera trascorsi in Italia, in cui non era la Gilda Mignonette, quella che poi in America era diventata una diva della canzone.

Stai lavorando a nuovi progetti?

Sì, un libro completamente dedicato alle dinastie teatrali napoletane. E’ molto interessante e stimolante recuperare le storie delle antiche famiglie di teatro napoletane anche perché molte sono collegate tra loro. Tutti i grandi attori erano figli di altri grandi attori perché infondo le compagnie vivevano sempre in teatro; spesso, infatti, gli artisti non avevano una casa, quindi finivano per vivere sempre tutti insieme, a stretto contatto tra loro. Non era pertanto raro che nascessero delle relazioni all’interno della compagnia e ancora meno rara era la nascita di bambini. Si nasceva sulle tavole del palcoscenico e si debuttava ancora piccolissimi. All’epoca, non si usava recitare una commedia all’anno, ma una al giorno, una diversa per ogni giorno. Quindi le compagnie avevano un repertorio vastissimo, cosa impensabile oggi. Ho scritto gli alberi genealogici degli attori e la ricostruzione della loro storia teatrale. Una delle famiglie più interessati che ho trattato è senza dubbio i Di Napoli, di cui fa parte Isa Danieli. Questa famiglia ci sono altre due ramificazioni interessantissime, di una delle quali fanno parte addirittura E.A. Mario e i Gargano dell’operetta. In tutto il libro conta ben 196 biografie!

Il tuo ultimo libro uscito sul mercato è l’enciclopedia del festival della canzone napoletana.

Sì, l’enciclopedia del festival della canzone napoletana è un libro nato per colmare la lacuna degli anni 50, periodo che è stato trattato un po’ superficialmente dalla storica enciclopedia di De Mura. Il libro, nella prima parte, contiene tutta la ricostruzione storica delle 18 edizioni dei festival di Napoli della Rai con il racconto delle tre serate e la tabella di tutti i 45 e 78 giri che sono usciti dal 1952 al 1970 con le relative copertine dei dischi. Il libro contiene oltre 60 pagine a colori. La seconda parte invece è formata da monografie di tutti i 196 personaggi che hanno partecipato alle 18 edizioni del festival. Per la ricostruzione delle biografie mi sono documentato come faccio sempre con attraverso documenti di prima mano, dizionari, ho contattato gli artisti personalmente. È un libro che mi ha impegnato tantissimo ma che mi sta dando grandissime soddisfazioni.

Eduardo Paola

(Articolo pubblicato su “Sussurri & Grida” nel numero di Giugno 2014)

Incontro con Joe Barbieri

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Martedì 20 maggio, al teatro Gelsomino di Afragola, si è tenuto il concerto di Joe Barbieri, uno dei cantautori più raffinati e bravi del nostro panorama musicale. Il cantautore si è esibito in un bellissimo concerto, davanti ad una platea di oltre 500 persone. La serata, fortemente voluta e organizzata da Pasquale D’Anna, direttore del “Domenicale di Casoria”, è stata l’occasione per Barbieri di abbracciare il pubblico partenopeo che non incontrava da più di un anno. Molti sono i brani che ha eseguito, da “Scusami” a “Normalmente” a “Zenzero e cannella”. In occasione di questa splendido concerto abbiamo incontrato Joe Barbieri.

Sei reduce da concerti in Giappone, Francia e tra qualche giorno suonerai in Danimarca. Quanto è emozionante girare il mondo con la propria musica?

Tanto, perché viaggiare è sempre un’occasione per arricchirsi e per lasciare qualcosa. Fare il musicista è un pò come fare i marinai. Quando si è a casa si sente la spinta di prendere il largo, mentre quando si è fuori si sente la voglia di tornare a casa e questa serata è perfetta perché prima di mettermi nuovamente in viaggio ho l’occasione, ad oltre un anno di distanza dall’ultima volta, di suonare nuovamente vicino alla mia Napoli.

Senti la differenza delle varie platee quando ti esibisci?

Forse sarò fortunato ma mediamente la gente è sempre molto calorosa e innamorata della musica. Poi naturalmente è chiaro che ci sono delle differenze. I giapponesi, ad esempio, amano ascoltare la musica ad occhi chiusi, mentre in Italia si è sempre un pochino più esuberanti, ma fortunatamente la musica ha un linguaggio universale, quindi non ci sono forti differenze.

A Parigi ti sei esibito all’Olympia, in Giappone è uscito un tuo “best of”, in Canada e negli Stai Uniti è stato pubblicato il tuo album tributo a Chet Baker. E’ più facile realizzare progetti all’estero o in Italia?

Ma oggi fare un disco non è difficile. E’ difficile farlo “camminare”, è difficle che il progetto prosegua. Io spesso mi domando come la musica di un italiano, cantata spesso in italiano, possa arrivare senza nessun tipo di difficoltà in Paesi come la Germania, la Danimarca e in tutto il mondo. Grazie al mio lavoro, con la mia musica, riesco ad incontrare culture diverse, persone diverse e di questo sono molto felice.

Il tuo stile è unico. Sei riuscito a legare fin dal tuo album di esordio “In parole povere” generi diversi, come la bossa nova, il jazz, avendo sempre un occhio attento ai grandi cantautori. Musicalmente quali sono i tuoi punti di riferimento?

Cambiano a seconda dei periodi. Sicuramente c’è un nucleo persistente che rimane nel corso degli anni che è, per esempio, Ray Salvador, Caetano Veloso, Luigi Tenco, Jorge Drex.

Il tuo percorso artistico inizia con Pino Daniele. Successivamente hai scritto per Giorgia e hai cantato con Mario Venuti. Che ricordi hai di quel periodo?

Ricordo un periodo molto bello, un periodo giovanile, in cui cercavo di formarmi come musicista e come persona. Tutto era tanto, persino troppo. È stata una grande scuola per me lavorare con nomi così grandi e ha arricchito il mio bagaglio in maniera molto consistente e mi ha permesso poi di iniziare a fare un percorso più personale, più definito col passare col tempo.

Il tuo ultimo album è “Chet Live”. Come nasce questo progetto?

È nato perché un paio di anni fa mi sono accorto che l’anno scorso è ricorso il venticinquennale della morte di questo grande artista. Ecco, lui è uno dei miei miti e punto di riferimento. Quindi avevo deciso di fare un tour con Antonio Fresa e Luca Aquino. Poi le prove ci hanno convinti a registrare un album che accompagnasse il tour e quindi il disco è nato così. Poi l’album è stato accolto e recepito molto bene un po’ ovunque, e di questo sono molto felice.

Quali sono i tuoi prossimi impegni?

Ci sono dei progetti che preferisco non anticipare. Sto per entrare in sala di incisione ma non so quando utilizzerò i brani, ma voglio tornare in sala di incisione per fermare sul nastro nuovi brani e poi ci sono tanti live. Le date dei miei concerti sono tutte segnate nel mio sito ufficiale http://www.joebarbieri.com.

Eduardo Paola

(Articolo pubblicato su “Il domenicale di Casoria” nel numero del 31 Maggio 2014)