Antiche risate, la macchietta italiana e i suoi protagonisti partenopei

Ettore Petrolini

La macchietta è stata una delle figure più emblematiche del café chantant e del teatro di varietà. Si diffuse nell’ambito dello spettacolo italiano tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. Si cimentavano nella macchietta non solo i comici ma anche gli attori di prosa. Questa figura divenne presto un genere con regole ben precise, che si distingueva sia dal monologo che dalla canzone umoristica, in quanto a differenza della canzone, la macchietta utilizzava la musica solo per enfatizzare il significato e cadenzare il ritmo delle parole. La macchietta italiana deriva dal café chantant di Parigi, dove, intorno al 1870, sorsero, accanto agli chansonnier, ai fantasisti, agli imitatori, figure che si specializzarono in parodie di amori impossibili, parodie militari, caricature del vecchio dongiovanni  e soprattutto in quella degli ubriaconi. Il numero di questi antesignani dei macchiettisti era il più delle volte cantato. Tra i più celebri si ricordano Plébins, Bourges, Farville e Réval. In Italia il primo macchiettista è stato Edoardo Ferravilla, maestro nell’arte di schizzare figure di universale rilievo satirico. Ma il macchiettista italiano più celebre rimane Nicola Maldacea che si affermò con una serie di tipi caricaturali colti. A lui dobbiamo la nascita della macchietta napoletana che egli portò al successo grazie ai versi scritti proprio per lui da Ferdinando Russo e musicati da Nicola Valente. Inoltre si avvalse di altre illustri firme come quelle di Trilussa e Libero Bovio. Anche Fregoli, il più grande trasformista di tutti i tempi, si cimentò nell’arte della macchietta che presentava nel corso dei suoi spettacolari numeri. I più celebri macchiettisti del ’900 sono stati Raffaele Viviani, Ettore Petrolini e Totò. Totò con i suoi slogamenti marionettistici si ispirava a Gustavo De Marco, che introdusse negli ultimi anni dell’800 questa variante della macchietta. Viviani fu il geniale analizzatore dei tipi del popolino partenopeo; esordì con ’O Scugnizzo di Peppino Villani, per poi crearne, in seguito, delle proprie, indimenticabili: ’O Trouvatore, ’O Marinariello, ’O Cucchiere, ’O Guappo, ’O Professore e altre. Trasferì poi quelle vivaci caratterizzazioni nelle proprie commedie dialettali. Anche Petrolini esordì con imitazioni di Maldacea e di Villani, per poi dare vita a una serie di macchiette parodistiche e grottesche come Bell’Antonio, Picchio, Amleto, Napoleone, Giggetto er bullo, e poi i famosissimi Fortunello e Gastone. Quasi tutti i migliori comici degli anni ’30 come Odoardo Spadaro, Macario, Nino Taranto e il già citato Totò hanno iniziato proprio con questo genere. Col decadere del teatro di varietà, la figura del macchiettista è pressoché sparita. Qualche riflesso della macchietta classica è sopravvissuto fino agli anni ’50, ma esclusivamente inserita negli spettacoli strutturati come “one man show”. L’unico artista, nell’ambito dello spettacolo moderno, che porta avanti questo genere è Vittorio Marsiglia. L’attore campano si può definire certamente l’ultimo esponente di questa tradizione che ha ereditato l’enorme bagaglio dei suoi celebri predecessori e continua a portare in scena con successo questa figura che ha divertito e talvolta fatto riflettere su vizi e manie del genere umano.

Eduardo Paola

(Articolo pubblicato su “L’Espresso Napoletano” nel numero di Dicembre 2014)

Paola Iezzi, i love Naples

Copertina I.Love Paola iezzi

La cantante e produttrice Paola Iezzi prosegue il suo percorso da solista, dopo la separazione dalla sorella Chiara, con l’uscita del suo nuovo progetto discografico, “i.love”, disponibile su tutte le piattaforme digitali. L’ Ep contiene tre cover e quattro remix, realizzati dalla stessa cantante. La prima cover è “Get Lucky” dei Daft Punk, proposta in una versione più lenta e ricca di atmosfera e sospensioni armoniche, con un andamento funk molto più vicino agli anni ’80 rispetto all’originale. Gli arrangiamenti del brano sono curati da Michele Monestiroli (Aka Cat Paradox). Seguono altre due cover che appartengono al repertorio degli anni ’80, “The Sun Always Shines On Tv” degli A-Ha e “Live To Tell” di Madonna, quest’ultima da sempre una delle muse ispiratrici della Iezzi. Paola ripropone i pezzi in una versione che definisce “electro-western-country”. Gli arrangiamenti sono curati da Cristiano Norbedo e Andrea Rigonat, produttori che vantano importanti collaborazioni con artisti italiani come Elisa e Tiziano Ferro. All’uscita, “i.love” è balzato subito in vetta alle classifiche in Italia, Spagna e Argentina dimostrando che il sound della Iezzi ha un respiro internazione. Paola non è nuova a questo tipo di rivisitazioni; proprio l’anno scorso ha avuto un ottimo riscontro una sua personalissima versione di “Se perdo te”, canzone simbolo di Patty Pravo, ricevendo i complimenti proprio da quest’ultima. Oltre al grande amore per il canto, Paola continua a sperimentare nuovi linguaggi e nuove situazioni. Da qualche anno si esibisce in apprezzatissimi dj set nelle discoteche e nei club più famosi ed esclusivi d’Italia e negli ultimi due anni ha partecipato a trasmissioni televisive, come “La Pista”, su RaiUno, al fianco di Flavio Insinna. In occasione dell’uscita di “i.love” ho rivolto qualche domanda all’artista:

Come nasce il progetto “i.love”?

“Nasce per la volontà di cantare, nasce da un’esigenza. Dopo aver fatto molte serate come dj, il mio spirito di musicista e cantante mi ha riportata in studio. Non avendo ancora terminato la scrittura del mio album e desiderando fortemente cantare qualcosa che mi piacesse, ho iniziato a incidere alcuni brani dei quali ero innamorata, poi è nata l’idea di raccoglierli in un Ep. Non amo stare troppo tempo lontana dalla musica e quando ho un impulso creativo non riesco a tenerlo troppo in un cassetto. Avevo già registrato alcuni brani e poco prima di partire per New York ho deciso di realizzare un progetto di cover, anche se non sapevo ancora quali brani vi avrei inserito. Avrei voluto incidere più pezzi ma ho fatto una scelta per poterli rifinire al meglio. Mi autoproduco e dunque non ho budgets illimitati. Stare in studio ha dei costi, quindi devo obbligatoriamente fare delle scelte, per poter uscire con materiale di qualità, perché per me la qualità è una prerogativa indispensabile per fare musica.

Quanto ti hanno arricchita le esperienze da dj e quelle televisive degli ultimi anni?

Tutto quello che ho fatto mi ha dato qualcosa. Tutta la vita ti arricchisce. La vita è un percorso e la vita a contatto con la musica è quella che ho scelto. Tutto ciò che faccio in qualche modo ha a che fare con la musica e l’immagine, che sono le mie due grandi passioni. È un sogno poterle unire ogni volta. Scatta come qualcosa di magico. Normalmente quando sento dei suoni mi vengono subito in mente una serie di immagini da abbinare e, viceversa, se vedo delle immagini interessanti mi vengono subito in mente dei suoni, delle melodie, dei mondi sonori. È un connubio meraviglioso che fa parte di me e che credo sia una mia prerogativa. Faccio in modo che tutte le esperienze, anche quelle televisive, rientrino in questo modo di vedere e di sentire. La scelta la opero alla base: se una cosa non mi piace o non mi convince, dico di no! Ci vuole coraggio per rifiutare delle proposte di lavoro, soprattutto oggi. Ma bisogna essere fedeli a sé stessi, almeno finché è possibile.

Chi ti conosce bene sa che sei molto legata a Napoli e alla sua cultura, addirittura parli il dialetto perfettamente. Da dove nasce questo tuo legame così stretto con Napoli?

Si è vero, amo Napoli in tutte le sue sfumature e con tutte le sue contraddizioni. Amo i dialetti in generale, li trovo più interessanti e musicali dell’italiano, che per esempio secondo me, a volte non aiuta chi scrive i testi delle canzoni. Le espressioni dialettali sono colorite e piene di verità, sono dirette; per questo funzionano molto bene se messe in musica. È vero che parlo abbastanza bene il dialetto napoletano, ma non saprei dire da dove nasce il mio amore per questa città, perché è piuttosto antico. Credo di essermi innamorata tanti anni fa, da piccola, della musica e della cultura partenopea, piena di artisti, istrioni, di oratori, filosofi e di persone particolari. È una cosa strana, ma quando sento il dialetto napoletano mi sento come se di colpo fossi dentro a un teatro, perché Napoli è un teatro a cielo aperto, una meravigliosa città con una storia e una popolazione incredibile. i.love Naples, mi vien da dire.

Eduardo Paola

(Articolo pubblicato su “L’Espresso Napoletano” nel numero di Dicembre 2014)