Nilla Pizzi, il primo fenomeno italiano

Nilla Pizzi

Nilla Pizzi è stata molto più di una cantante, possiamo infatti considerarla uno dei primi fenomeni mediatici dell’epoca della comunicazione di massa. Adionilla Pizzi, nata a Sant’Agata Bolognese il 16 aprile del 1919 da una modesta famiglia di provincia, inizia ad esibirsi ventenne negli spettacoli per le Forze Armate, ma il primo passo importante avviene nel 1942 quando si classifica prima nel concorso per voci nuove indetto dall’Eiar, futura Rai, sbaragliando i diecimila concorrenti iscritti alla manifestazione. Dotata di una voce calda, vellutata e sensuale e di un’intonazione perfetta, in pochissimi anni riesce ad imporsi nel mondo della canzone come protagonista assoluta, diventando per tutti la “Regina della Canzone Italiana”, appellativo con il quale Luca Goldoni definisce l’artista in un famoso articolo. Incide i primi brani nel ’44 per la “Parlophon” duettando con Bruna Rattani ed Elsa Peyrone, ma nello stesso anno viene allontanata dalla radio a causa della sua voce ritenuta troppo sensuale dal regime fascista.  L’esilio dalla radio durerà per ben due anni, fino al ’46, ma nel frattempo si esibisce in tantissimi teatri e sale da ballo in tutt’ Italia, accompagnata dall’orchestra del maestro Cinico Angelini con il quale si legherà anche sentimentalmente. A partire dal 1946 inizia ad incidere per “La voce del padrone”; suoi i successi del momento come “Cocoricò”, scritta da Renato Carosone, “O mama mama”,  “Quizas quizas quizas”, “Samba del tranvai”. Alla fine degli anni 40, quando l’Italia viene invasa dai ritmi latino-americani, il pubblico, contagiato dai film Hollywoodiani, cambia velocemente preferenze musicali. Si diffondono ritmi come la samba, la rumba, il bayon e il cha cha cha e Nilla Pizzi, con grande ecletticità e con l’intelligenza che l’ha sempre contraddistinta, riesce a fare sue queste sonorità venute da lontano e lancia tutta una serie di motivetti, che diventano i tormentoni di quegli anni come “Bongo Bongo” e la fortunatissima “Avanti e indrè”. Gli anni 50 saranno per Nilla Pizzi un tripudio di vittorie e di riconoscimenti importanti. Nel 1951vince la prima edizione del Festival di Sanremo con il brano “Grazie dei fior”, che vende 36.000 copie, un numero molto rilevante per l’epoca. L’anno successivo vince anche la seconda edizione del Festival con “Vola colomba” e in più si aggiudica il secondo e il terzo posto con “Papaveri e Papere” e “Una donna prega”. “Paveri e Papere”, con oltre 75.000 copie vendute, viene tradotta in moltissimi Paesi del mondo rappresentando un vero e proprio record. Intanto nel 1952 si aggiudica il primo posto anche alla prima edizione del Festival di Napoli con il brano “Desiderio ‘e sole”. Nilla Pizzi non vive solo una carriera ricca e piena di soddisfazioni, è anche protagonista delle cronache rosa, con le sue chiacchieratissime e tormentate storie d’amore. Dopo la fine del suo rapporto con il collega Luciano Benevene, si lega ad un’altra voce nota al pubblico italiano, Gino Latilla. Il cantante, innamoratissimo della diva della canzone, tenterà il suicidio quando quest’ultima lo lascerà. Fortemente provata da questo avvenimento drammatico, la Pizzi stravolge la sua vita. Cambia casa discografica, diventa magrissima e cambia il suo naturale colore dei capelli in un biondo chiarissimo. È il 1954 ed è l’anno in cui Nilla appare con enorme successo anche in alcuni fortunati film musicali. Il fenomeno Nilla Pizzi è al culmine della sua popolarità e in suo onore viene fondato un fan club, il primo dedicato ad un cantante italiano. Vengono messe in commercio le “CartoNille”, delle vere e proprie cartoline postali raffiguranti le immagini della cantante, che gli ammiratori amano scambiarsi per comunicare tra loro. Gli anni 50, ricchi di vittorie ai vari festival e di lunghe tournée in tutto il mondo, si concludono con la trionfale prima posizione a Canzonissima ’59 con “L’Edera”. Gli anni 60 segnano una nuova svolta musicale: con l’avvento degli urlatori per la classica melodia all’italiana sembra non esserci più posto. Per Nilla Pizzi inizia una nuova fase, quella dei lunghissimi tour in giro per il mondo in paesi come la Russia, l’Australia e l’America, dove nel 1968 ha la possibilità di duettare con Frank Sinatra ed Ella Fitzgerald. Dopo un lungo periodo, nel quale i grandi cantanti dell’epoca della radio sono stati messi un po’ da parte, a partire dagli anni 90 e per tutti gli anni 2000, Nilla Pizzi è protagonista di moltissimi programmi televisivi, nei quali rievoca i vecchi successi del passato, forte di un’inossidabile presenza scenica, di un innato carisma ma soprattutto di una voce che neanche la malattia riuscirà ad intaccare. Indimenticabili le sue ultime apparizioni televisive, una in occasione della 60° edizione del Festival di Sanremo, dove con un’intonazione perfetta esegue un frammento di “Vola colomba” e l’altra, qualche mese dopo, durante uno speciale di Paolo Limiti dedicato a Mina, che in un suo messaggio da allieva a maestra scrive: “Io ho imparato molto dalla tua voce, ed è giusto ammetterlo, finalmente.”. Nilla Pizzi si spegne a 91 anni il 12 marzo 2011 e con lei si spegne anche la magia degli anni della radio, quelli in cui, a volte, bastava una canzone per essere felici.

Eduardo Paola

(Articolo pubblicato su “Sussurri & Grida” nel numero di Giugno 2012)

Ugo D’Alessio, il gigante che non sgomitava

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Nel teatro, nel cinema e nello spettacolo in generale si tende a ricordare e celebrare sempre e solo i cosiddetti “nomi da cartellone” trascurando straordinari interpreti che nel loro percorso artistico hanno ricoperto ruoli “secondari”, ruoli che però acquistano valore grazie al grande spessore artistico degli attori, che caratterizzano il personaggio fino a renderlo indimenticabile. Uno di questi è sicuramente Ugo D’Alessio. Solo artisti di razza come Ugo D’Alessio infatti potevano affiancare mostri sacri come Eduardo e Totò senza esserne oscurati. Nato da una famiglia di artisti, gli zii erano Giuseppe ed Enrichetta D’Alessio, notissimi caratteristi di inizio secolo scorso, fu condotto sulle scene già da piccolo dalla mamma, Leonilde Riccardi, primadonna della compagnia di Federico Stella e Salvatore De Muto. Il piccolo Ugo si affaccia per la prima volta sul palco a 8 anni nella compagnia dello zio Giuseppe, con la commedia di Fiorilli “Un grazioso equivoco”. Successivamente, entra a far parte della compagnia di Nino Taranto e Gegè Maggi e, nel 1926, nella compagnia di sceneggiata del teatro Ambra Jovinelli di Roma. Nel 1933, conclusa l’esperienza con la compagnia Cafiero-Fumo, comincia il sodalizio con colui che ha sempre considerato il suo grande maestro, Eduardo. Nel corso della fine degli anni 30 fonda una propria compagnia, la “Bruno-Clemente-D’Alessio”, prediligendo perlopiù il repertorio della sceneggiata. Successivamente si dedica anche alla rivista lavorando con Gino Latilla e Macario, e con il finire della guerra, nel 1945, si dirige in America per lunghe tournée teatrali. Nel 1954 Eduardo inaugura il Teatro San Ferdinando, acquistato e ricostruito dopo i terribili bombardamenti della guerra. Per De Filippo l’inaugurazione rappresentava il coronamento di un sogno; aveva infatti impiegato tutte le sue energie e tutte le sue risorse per rialzare quel sipario drammaticamente calato durante il periodo bellico. Eduardo per l’evento mette in scena “Palummella zompa e vola” di Antonio Petito e vuole accanto a sé Ugo D’Alessio. Eduardo inoltre, nel 1956, forma la compagnia stabile “La Scarpettiana” che vede tra i protagonisti proprio D’Alessio insieme a Pietro De Vico, Pupella Maggio e una giovanissima Angela Luce. La stima che Eduardo nutriva per Ugo era talmente grande che nel 1969 gli consegna il repertorio scarpettiano, privilegio di cui nessuno mai aveva goduto prima. A testimoniare l’affetto e l’ammirazione di Eduardo è anche la telefonata che la figlia di D’Alessio, Brigida, ricevette dal Maestro dopo la morte del padre. Del resto, la figura di D’Alessio è legata indissolubilmente a quella del grande Eduardo, infatti nell’immaginario collettivo Ugo rimane l’indimenticabile ed ineguagliabile Rafele, il portiere di “Questi fantasmi”,  Aglietiello di “Non ti Pago”, Matteo Milordo di “Peppino Girella”. Anche nel Cinema, D’Alessio, è uno dei caratteristi più richiesti: con il ruolo di Decio Cavallo, nello sketch della fontana di Trevi nel film “Totò truffa”,  si è conquistato indubbiamente un posto nella storia nel Cinema. Ancora con Totò ricordiamo la partecipazione nel film “Il medico dei pazzi” di Mario Mattoli, nel ruolo del maestro di musica. Anche il Principe De Curtis stimava molto l’attore, infatti quando aveva bisogno di lui per un film gli telefonava direttamente, bypassando l’agente. Ugo D’Alessio era un attore per vocazione, il palco era la sua vita, non era mosso da manie di protagonismo, era consapevole del suo valore artistico e forse è proprio per questo suo equilibrio e questa sua serenità interiore che non gli interessava sgomitare per primeggiare. La sua più grande soddisfazione artistica è legata al ruolo dell’avaro Cuosemo in “Annella di Portacapuana”, regia di Gennaro Magliulo, con Angela Luce nel ruolo di Annella e Pupella Maggio in quello di Porzea. Nel cast figuravano anche Pietro De Vico, Gennaro Di Napoli, Carlo Giuffrè e Rino Genovese. Lo spettacolo fu anche ripreso dalle telecamere della Rai e trasmesso in tv nel 1963. Negli anni settanta Ugo D’Alessio è stato direttore artistico del teatro Sannazaro e nel 1978, direttore artistico della Compagnia Teatro Popolare, fondata da Lucio Mirra per rilanciare il Teatro Diana. Il debutto al Diana avviene dopo un periodo di tempo di circa un anno e mezzo trascorso lontano dalle scene. Nella serata della prima di “Tre cazune furtunate”, regia di Mico Galdieri, il pubblico tributa a D’Alessio un lungo applauso e una standing ovation per trasmettergli tutto l’affetto e l’ammirazione che Napoli sente per lui. Purtroppo questo nuovo ritorno è interrotto bruscamente, D’Alessio fortemente segnato dalla prematura morte di sua figlia Leonilde, ci lascia il 16 febbraio 1979 all’età di 69 anni.

Eduardo Paola

(Articolo pubblicato su “L’Espresso Napoletano” nel numero di Gennaio 2014)